Bilancio di una vita

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Rovine della Scuola  “Cornelio Merchàn”
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I cittadini di Cuenca sgomenti davanti alle rovine della Scuola Popolare gratuita “Cornelio Merchàn”

 

Per chissà quali rancori, l’intera scuola nel 1962 gli fu incendiata e distrutta. Egli, muto davanti a quel totale sfacelo, a mani giunte, il volto insolitamente marcato da desolazione, pianse come un bambino a calde lacrime. Pianse ma perdonò!

Quel suo dolore e quella suo generosità, povero Giobbe, gli meritarono la solidarietà di tutti e la rifioritura dell’opera. A poco a poco riuscì a ricomporre i reperti, scoprì altri cimeli, tornò ad arricchire le collezioni. Nello stesso tempo, eresse capannoni provvisori per garantire la continuità della scuola ai ragazzi. In una parola: rivisse.
Quando qualcuno gli fece notare che nell’ansia di ricostruire stava anche accogliendo e pagando dei falsi, “Lo so – rispose – ma non posso rifiutarmi di comprare qualcosa da gente che ha fame”. Pertanto i “falsi della fame” entrarono nel suo Museo: non già nei cataloghi archeologici e culturali, ma certo nei cataloghi della misericordia e dell’amore dove hanno acquistato ugualmente un valore.

Nel 1978, per una serie di furti, si rese necessario cedere quelle collezioni al Banco Central del Ecuador, che si rese disponibile ad acquistarle, inventariarle, riorganizzarle con le migliori garanzie, Padre Crespi fu d’accordo.
Una Commissione di specialisti in arte e archeologia antica e moderna passo al vaglio a uno a uno i reperti e catalogò i pezzi autentici , si ebbero i seguenti risultati:

  1. Collezione archeologica: composta da 5000 oggetti di alto valore storico-artistico.
  2. Collezione pittorica: composta da 1187 opere catalogate, suddivise in tele, legni, vetri, rame, marmi, pietre e cromature.

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    Don Carlo nel suo Museo
  3. Collezione scultorica:composta da 132 oggetti di valore e vari frammenti.
  4. Collezione etnografica: costituita da un insieme di ceramiche coloniali: 50 giare e 216 pezzi tra anfore, vasi ornamentali, ampolle, ecc.

La somma raccolta ($ 10.000) venne investita nella “Scuola Carlo Crespi”, rinata dalle rovine della antica fondazione Merchàn.
Quanto al “Museo Carlo Crespi”, riscattato sotto l’egida del Banco Central dell’Ecuador, forse pochi sanno quale rilevanza abbia acquistato oggi, in un contesto culturale che figura tra i migliori vanti non solo dell’Ecuador, ma dell’intera America Latina.
Al termine dei suoi giorni, Carlo Crespi si trovò insignito di varie onorificenze e riconoscimenti:

  • La Chiesa lo fece Canonico di Cuenca.
  • Ebbe il Premio municipale della città con il titolo di “Abitante più illustre di Cuenca nel 20° secolo”.
  • Gli fu assegnata la Medaglia d’oro al Merito della Repubblica Italiana, con il titolo di Commendatore.
  • Gli intitolarono vie.
  • Ebbe la Medaglia di prima classe al Merito Educativo.

Inoltre non va dimenticato che già faceva parte di autorevoli istituzioni scientifiche del Nordamerica, dell’America Latina, d’Europa, tra cui l’Istituto Interamericano e l’Istituto Italiano del Libro in Firenze.

L’Università Politecnica Salesiana gli conferì il Dottorato “Honoris causa” post mortem .

Il riconoscimento migliore, però, e da lui più ambito, lo ebbe dai giovani e dai poveri, inclusi gli indios, assiepati attorno a lui fino all’ultimo giorno.

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Don Carlo sommerso dalla sua gente mentre confessa

Divulgò con tutte le sue forze la devozione a Maria Ausiliatrice, consumando la sua vita nell’omonimo Santuario. Il suo confessionale, specie negli ultimi anni di vita, era spesso affollato, e la gente cominciava a chiamarlo spontaneamente “san Carlo Crespi”. Era sempre in mezzo ai poveri: la domenica pomeriggio faceva catechismo ai ragazzi di strada, dando loro oltre al divertimento il pane quotidiano.

Come Giovannino Bosco, fin da piccolo fu ricolmato dal Signore di grandi doni di intelligenza, generosità e volontà.

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Chiusura della bara poco prima dei solenni funerali

Chiuse per sempre gli occhi alla terra il 30 Aprile 1982 nella clinica “Santa Inés” di Cuenca; gli mancava un mese a compiere 91 anno.

Tutto l’Ecuador pianse allora la morte di un santo figlio di don Bosco.

Aveva iniziato il cammino in un altro giardino terrestre, a Legnano, nella dolce Lombardia; andava a concluderlo nel “meraviglioso Azuay”, patria di elezione da più di sessant’anni: tutta un’esistenza spesa in amore e ripagata in bellezza dal buon Dio.

“La vita di Padre Crespi così ricca di aneddoti – hanno scritto i suoi intimi – è già quasi leggendaria per la sua semplicità ed umiltà, per la sua dedizione senza riserve al servizio di tutti, specialmente dei poveri. Già da molti anni il popolo azuayo lo considerava un santo, ne sollecitava i consigli semplici, lo amava con la purezza con cui i popoli amano una persona benefica”. Impressioni diffuse del vegliardo nell’ultima età, che sembrano un poco velare le sue imprese giovanili, altrettanto amorevoli e benefiche, ma insieme ispessite dal coraggio e dalla competenza scientifica.

“Anche se egli avesse ristretto il suo campo alla sola investigazione scientifica e preistorica, tanto basterebbe per annoverarlo tra le più insigni espressioni di tale specializzazione, ma egli ha fatto molto di più, con il suo amorevole cuore e con le sue meravigliose opere, a favore dei fanciulli e dei poveri nei quali, al di là della persona, vedeva Cristo”.

“Tutto un uomo, questo Padre Crespi” – commentò infine un giornalista”.

“Ha muerto un santo!”, commentò la gente e, si sa, senza con questo voler per nulla anticipare il giudizio della Chiesa, “Vox populi, vox Dei”.