Oggi, nell’antica piazza Guayaquil, di fronte alla chiesa e al convento, sorge un grande gruppo scultoreo raffigurante Carlo Crespi al centro e un bambino al suo fianco che lo guarda affettuosamente. Il resto della piazza è stato abbellito e costituisce un luogo di divertimento, mentre, in passato, era principalmente utilizzata per la compravendita della paglia toquilla e dei cappelli grezzi che le case esportatrici completavano con frange per adattarli al gusto della moda vigente.
Dietro il suo estenuante lavoro, si cela la volontà di don Carlo di imitare Cristo, nella scelta preferenziale per i poveri, nell’avvicinamento ai bambini, nella preoccupazione per i peccatori, nel totale disinteresse per sé e nella virtù dell’umiltà riflessa nella semplicità dei suoi gesti. I suoi aneliti accademici e culturali andavano affievolendosi, mentre vedeva ogni giorno che coloro che più gli si stringevano attorno erano le persone più bisognose del suo aiuto. Egli si dedicò inizialmente ad acquistare consapevolmente copie senza valore di reperti archeologici, pagandoli di tasca propria, vivendo in umiltà, conservando per sé solo una vecchia tonaca e un paio di scarpe consunte, e alimentandosi in maniera frugale. I poveri del quartiere di Maria Ausiliatrice e di tutta la città erano il suo pensiero costante giorno e notte; per tutti loro visse e morì. Col passare degli anni, ciò che gli stava maggiormente a cuore era l’amministrazione dei sacramenti. A ciò si aggiungeva la totale dedizione nei confronti dei bambini, che non abbandonò mai, nonostante la rigida disciplina comunitaria e i pareri difformi di alcuni confratelli.
Dice uno dei suoi ammiratori: “In età avanzata, non si preoccupava di se stesso, da tempo i suoi abiti avevano smesso di essere neri per trasformarsi in un colore verdastro per il degrado e l’usura”. Le sue scarpe erano consumate, grossolane e rozze. L’abito talare vecchio e stinto. La camera, disadorna, era arredata solamente da un piccolo letto di legno. Per la stanchezza si coricava spesso vestito. In tarda età aveva una barba lunga e incolta, e ciò contrastava con gli anni della giovinezza, quando lo si vedeva curare di più l’abbigliamento caratterizzati da una maggiore cura, per i capelli e per la barba.
Don Carlo soffriva da tempo di disturbi di stomaco e per questa ragione mangiava frutta, latte, biscotti, rapanelli, aglio… Era talmente pressato dalla mancanza di tempo per far fronte alle numerose richieste pastorali nel precedente Santuario di Maria Ausiliatrice, che quasi non andava più nel refettorio della comunità. Vi sono dei testimoni che affermano che don Carlo, in diverse occasioni preferì vendere i tagli di tessuto e le tonache ricevuti in regalo, e con i pochi soldi racimolati acquistava abiti o generi alimentari per i bambini poveri.
Le autorità, gli educatori, i giornalisti di Cuenca mettevano sempre in luce questi aspetti della personalità di Carlo Crespi. Le onorificenze e i riconoscimenti, dapprima gli furono concessi per la sua opera artistica e intellettuale, successivamente per la sua totale dedizione ai poveri. E ciò, sebbene inizialmente fosse convinto che fosse più importante per la città lo sviluppo culturale in tutte le sue sfaccettature e soprattutto il progresso economico, attraverso l’integrazione della regione orientale nel contesto nazionale.