Padre Carlo Crespi, tre mesi dopo aver conseguito la laurea in Scienze Naturali presso l’università di Padova (si era iscritto il 15 ottobre del 1917 e discusse la tesi il 15 luglio 1921), si diplomò in Pianoforte e Composizione nel Conservatorio della stessa città. Oltre ad aver diretto un coro in Italia, si ritiene che, durante il suo primo viaggio transoceanico durato quasi un mese, deve aver intrattenuto i passeggeri con le sue interpretazioni musicali. Sui famosi transatlantici italiani, infatti, non mancava mai un buon pianoforte a coda. Nel 1923, giunge per la prima volta a Guayaquil, ma parte immediatamente per Quito per sbrigare alcune pratiche burocratiche. Durante l’attesa, si esibisce per un pubblico di colti estimatori, interpretando al pianoforte pezzi classici che gli fanno guadagnare la simpatia e il sostegno generale. Una delle sue prime composizioni, intitolata Marcia trionfale 24 maggio, risale proprio a questo periodo.
Che la musica fosse importante per Don Carlo, anche come strumento per esprimere la piena dei sentimenti che ben difficilmente sarebbe riuscito ad esprimere a parole, lo dimostra quanto lui stesso dirà, tre anni dopo essere partito per l’Ecuador, nel corso di un discorso di saluto ai suoi confratelli missionari, tenuto a Torino la sera del 10 ottobre 1926.
“Ricordo la mia partenza da Genova il 22 marzo dell’anno 1923, a bordo del Piroscafo Venezuela. Dopo tante lotte e tanti dolori per il trionfare della mia vocazione, mi sembrava ancora impossibile di poter realizzare l’ideale che segretamente nutrivo nel cuore da anni. Quando, tolti i ponti che ancora ci tenevano avvinti alla terra natia, il bastimento incominciò a muoversi, l’anima mia fu pervasa da una gioia così travolgente, così sovrumana, così ineffabile, che tale non l’avevo mai provata in nessun istante della mia vita, neppure nel giorno della mia prima Comunione, neppure nel giorno della mia prima Messa. In quell’istante cominciai a comprendere che cosa era il missionario e che cosa a lui riservava Iddio. Molti intorno a me piangevano a dirotto. Su centinaia di volti si leggeva il profondo dolore della separazione. Nessuno, credo, aveva in quell’istante, come me, il cuore così traboccante di gioia. Eppure io avevo lasciato una madre e dei fratelli carissimi; lasciavo la culla della Congregazione, lasciavo dei superiori tanto cari, sapevo di non andare ad una festa, ma nell’ignoto, in una regione ove tanto avrei sofferto; eppure ricordo che, non potendo più resistere alla gioia, e trattenere un inno di riconoscenza al Signore, sgorgante da tutte le fibre del mio essere, scesi nella deserta sala dei concerti, mi sedetti al piano, ed intonai un grandioso pezzo lirico che tutta interpretasse la infinita gioia del mio cuore. Pazzia? Sì, santa pazzia, incomprensibile per coloro che mai hanno sentito il sorriso di Dio; non però per i missionari, che hanno ascoltato le mistiche parole di Gesù e che per un ideale divino hanno saputo abbandonare tutti gli ideali mondani”.
Non sappiamo se abbia letto o meno i trattati di Bartolomeo de Las Casas riguardanti la colonizzazione dell’America Centrale attraverso l’uso della musica e dei canti. Con ogni probabilità, è a conoscenza del fatto che tra le più antiche passioni di ogni cultura vi è la musica, talvolta accompagnata dalla danza. Certo è che i missionari salesiani abbiano utilizzato tale mezzo per far breccia nel cuore degli shuar e così, si presume, abbia fatto anche padre Crespi.
Il 24 aprile sbarcava a Guayaquil con 120 casse di materiali vari da sdoganare, per la forte somma di 25.000 lire, e con l’assillo di superare le innumerevoli resistenze poste dal Governo anticlericale. A tale scopo si trasferisce a Quito per chiedere al Governo il visto d’ingresso e l’esonero dagli obblighi doganali. La cosa non si prospettava così facile come a prima vista poteva sembrare; esisteva infatti il divieto di ingresso di sacerdoti e religiosi stranieri. Questa resistenza burocratica durò fino al mese di agosto.
Don Carlo, per nulla turbato, sfruttando la musica e le cognizioni scientifiche, organizzò subito nella capitale ecuadoriana una serie di concerti e di conferenze scientifiche in tutte le ambasciate e nei teatri e così, in poco tempo, tranquillizzò il governo circa la sue intenzioni, ottenendo così lo sdoganamento gratuito, mentre con le somme raccolte coprì le spese di trasporto di tutto il materiale fino a Cuenca. Allo stesso scopo non mancò di comporre per i soldati la magnifica marcia trionfale, intitolata “24 Maggio” (1924), il cui spartito è riportato in apertura di questa pagina.
Alla musica e alla sua attività concertistica, ricorse spesso anche per raccogliere fondi per realizzare in Cuenca le sue future opere, nonché per terminare la strada transandina (70 Km. fino a raggiungere anche l’altitudine di 4000 metri) che da Pan raggiunge Mendez, nella parte orientale dell’Ecuador. Ma la parte migliore della sua sensibilità compositiva la utilizzò per esprimere il suo amore all’Eucaristia e la sua filiale devozione a Maria Ausiliatrice.
Stabilitosi a Cuenca, compone diverse opere. La più conosciuta, con libretto di Luis Cordero Devila, è quella dedicata al Primo Congresso Eucaristico Diocesano di Cuenca del 1938, ancora oggi suonata e cantata solennemente durante le cerimonie eucaristiche. Fra le altre importanti composizioni, vale la pena di ricordare l’Inno ufficiale dell’incoronazione pontificia di Maria Ausiliatrice, composto nel 1950, con libretto di Luis Cordero Crespo.
Tra le sue moltissime composizioni si ricordano, pertanto:
- Marcia trionfale “24 Maggio” (1924) (il cui spartito è riportato in apertura di questa pagina).
- Inno Ufficiale del 1° Congresso Eucaristico Diocesano di Cuenca (1938)1;
- lnno al Sacro Cuore di Gesù (1943)2;
- Inno alla Dolorosa del Collegio (1947)3;
- Inno a Maria Ausiliatrice (1950)4,
- Preghiera per il IV Congresso Eucaristico Nazionale dell’Ecuador5;
- Marcia Brillante “10 Agosto”6;
- Inno dell’Associazione dei pubblici dipendenti7 ;
- Le onde del Guayas8;
- Preghiera a Domenico Savio9.
Gli spartiti delle composizioni sopra riportate si possono vedere cliccando a fianco di ognuna di esse.
Alcune partiture consegnate per un concerto al maestro di cappella José Yadaiceia andarono irrimediabilmente perdute a causa dell’incendio sviluppatosi nell’edificio salesiano (1962). Sappiamo che tra queste vi è un’operetta intitolata “Joseph”, dedicata a San Giuseppe, e altre composizioni dal titolo “Le campane di Macas”, “Pongo de Manseriche” e “Messa a quattro voci miste”. Dall’analisi della produzione musicale di padre Crespi emerge una particolare predilezione per le marce dal passo cadenzato e sonoro, composte per gruppi musicali, specialmente bandistici.
Fin dal secolo XIX a Cuenca esistevano delle bande, sia militari che popolari. In questa contesto storico si colloca la Banda musicale creata nel 1920 a Quito dai salesiani. Con questo precedente, anche P. Crespi, con grandissima soddisfazione personale, decise di crearne una in Cuenca tra gli allievi del suo Istituto, che, sotto la sua direzione, iniziò a esibirsi in pubblico nel 1940. All’inizio si procurava gli spartiti che, poi, adattava personalmente a ogni singolo strumento e istruiva personalmente ogni singolo musicante.
Nei primi tempi della Banda, che cominciò ad essere chiamata degli “shallicos”10, don Carlo, fino a quando fu nominato come Direttore il maestro Vicente Escandòn, al quale passò tutte le responsabilità gestionali, si occupò sia della parte musicale che di quella organizzativa ed economica, sottoscrivendo personalmente i contratti con le diverse Istituzioni che ne chiedevano l’intervento.
Nei momenti migliori arrivò ad essere composta di più di 50 elementi con un repertorio che divenne vastissimo, con marce (che erano le preferite di don Carlo) e musiche popolari nazionali e straniere, al punto da diventare una delle bande più richieste, sia per le processioni religiose, che per ogni altro evento sociale e culturale.
P. Crespi, nei suoi primi anni di attività a Cuenca, organizzò anche una piccola orchestra da camera, integrata da violini e vari strumenti a fiato.
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- composto per la visita a Cuenca del venerando quadro Garciano davanti al quale fu consacrata la Repubblica dell’Ecuador [↩]
- composto in occasione del pellegrinaggio a Cuenca di un quadro che rappresentava Maria Addolorata, considerato miracoloso [↩]
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- composta nell’anniversario dell’Indipendenza e dedicata al Comune di Quito il cui ricavato andò a finanziare la strada Pan -Mendez [↩]
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- composizione fatta osservando il fiume Guayas [↩]
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- Appellativo affettuoso con cui i locali chiamavano sia la banda che tutte le opere realizzate dai Padri salesiani. [↩]