L’organizzazione del Congresso Eucaristico di Cuenca fu realizzato sotto la responsabilità gestionale del P. Crespi. Pochi giorni dopo la sua conclusione, descrive l’evento in questi termini:“Sono terminate le celebrazioni del cinquantesimo di S. Giovanni Bosco con il Primo Congresso Eucaristico Diocesano che si è tenuto nella nostra Casa Salesiana e nell’enorme piazza adiacente. In questi giorni, davanti alla Scuola di Arti e Mestieri: dodici giorni di sessioni solenni, la più grande manifestazione religiosa e civile, secondo il ricordo dei più conosciuti vescovi e dignitari della Repubblica: 200.000 comunioni, tra le quali 80.000 durante le celebrazioni Eucaristiche. Per ordine del Vescovo, io fui nominato Direttore Generale di tutti i Comitati dei religiosi, dei parroci, delle religiose, delle figure professionali, degli studenti, degli operai e degli impiegati, ecc. . Il Nunzio Apostolico, per volontà del popolo e dei differenti comitati, nell’ultima sessione plenaria, ha conferito alla Congregazione Salesiana, nella persona del P. Crespi, una medaglia d’oro per l’efficiente organizzazione religiosa e civile. Le scrivo queste cose con ingenuità perché Don Bosco, durante il Congresso, ha operato conversioni spirituali che hanno del miracoloso” (Cuenca, lettera del 24/06/1938 a don Berruti, pag. 1).1
Si manifesta, così, la presenza e l’influenza carismatica di don Carlo, che si impegna su tutti i fronti per la realizzazione di questo evento ecclesiale che segna, probabilmente, una pietra miliare nella chiesa di Cuenca e di tutto il paese. È un uomo di fiducia, di cristianesimo generoso, con un grande ascendente nel popolo credente e non credente e che manifesta a piene mani le sue doti organizzative.
Poiché l’ Ispettoria (Provincia Salesiana di Cuenca) aveva scarse risorse finanziarie, era molto problematico sostenere economicamente le vocazioni e gli studenti salesiani in formazione. A tale proposito P. Crespi scrive: “Il Santuario di Maria Ausiliatrice di Cuenca era la fonte principale del sostentamento economico delle vocazioni. Sono cinque anni che, con P. Spinelli, mi sto dando da fare, con tutto l’ardore e l’entusiasmo apostolico, per farlo diventare un centro Eucaristico di prima grandezza, e Don Bosco fa uscire dal Santuario ciò che basta per il pane quotidiano e per il vestiario” (Cuenca, lettera del 7/09/1938 a don Berrutti, pag. 1).
D’altra parte, le vocazioni potrebbero essere acquisite attraverso un processo di selezione mediante la stessa Scuola “Cornelio Merchan”: “Vivaio per le vocazioni è l’Istituto Cornelio Merchan con i suoi 420 giovani di ottime famiglie cristiane, tra i quali potremmo scegliere i soggetti più portati ad una possibile chiamata al sacerdozio o a divenire fratelli coadiutori” (medesima lettera, pag. 2).
P. Crespi appare sempre come qualcuno distaccato, evangelicamente libero, per aiutare economicamente le necessità della Provincia Salesiana. Con un gran senso ecclesiale e missionario scrive: “La questione del mantenimento in Italia dei nostri seminaristi di Teologia è la più grave. Io mi offro a pagare la borsa di studio dei nostri due chierici Pischedda e Zucchetti; se Monsignore e i Superiori insistono, potrei anche trovare i fondi per mantenere tutti e quattro i teologi della Missione propriamente detta. Tuttavia, per i teologi che vengono dai Collegi, vorrei osservare: mi sembra che se i Direttori dei collegi si prendessero in carico i loro teologi, ci prenderemmo cura maggiormente delle vocazioni affinché non si erano così facilmente e forse avremmo una gestione economica più salesiana e più benedetta da Dio” (Cuenca, lettera del 7/09/1938 a don Berrutti, pag. 2).
P. Crespi unisce in un unico progetto le costruzioni, l’apostolato e la sua consegna totale nelle mani di Gesù Cristo, che costituisce il motore del suo amore e della sua donazione fino al sacrificio. Scrivendo a don Serié, esprime tutti i suoi aneliti e le sue inquietudini: ” A Lei, Reverendo, raccomando una sola cosa: può anche essere che io abbia le idee un po’ confuse su queste opere di Cuenca, sui nemici e, a volte, posso anche essere precipitoso. Son opere colossali che richiedono ancora molti sforzi e molti sacrifici: ho fiducia che con un po’ di pazienza con gli attuali Superiori locali o futuri tutto verrà disciplinato e organizzato. La ma vita consiste nello stare ai piedi del tabernacolo per ore intere, da lì discende la benedizione su queste opere, e il sacrificio quotidiano. Vi sono delle mancanze, che Dio me le perdoni. Lo ringrazio per tutto quello che farà in vista del consolidamento di queste opere, che sono sue” (Cuenca, lettera del 20/06/1938 a don Seriè, pag. 1).
Davanti a un possibile trasferimento di P. Crespi a Quito, questi parlò con l’Ispettore in ordine ai problemi di questo eventuale trasferimento. Lo stesso don Carlo ne parla così:“In un primo momento, il sig. Ispettore (Superiore Provinciale) mi chiese il sacrificio di trasferirmi a Quito per assumere la Direzione di quella casa. Gli feci notare che tutta la mia propaganda è impostata sul problema missionario, che deve essere sviluppato o nel Vicariato o almeno nella Casa Centrale delle Missioni. In aggiunta, la Scuola di Agraria e quella di Arti e Mestieri, hanno assolutamente bisogno di un sostegno economico per essere terminate e, quindi, poter funzionare al meglio. Sembra che abbia capito e mi ha già assegnato la Direzione di queste opere” (Cuenca, lettera 15/09/1939 a don Ricaldone, pag.1-2).
- Nel Bollettino Salesiano del 1° novembre 1938, l’Ispettore don Paolo Montaldo, descrive con dovizia di particolari il medesimo evento [↩]